DESCRIZIONE DEI SUOI PRINCIPALI ASPETTI MORFOLOGICI

Le piante ascritte al genere Passiflora hanno alcune strutture morfologiche che sono tipiche, non sono cioè presenti in altre piante appartenenti a generi diversi, per quanto affini. Ciò è dovuto all’estrema specializzazione che nel processo evolutivo è stata raggiunta.

Le passiflore hanno normalmente un portamento rampicante: arrivano a godere la luce, scarsa nel fitto della foresta, scalando gli alberi per mezzo dei viticci e portando il loro fogliame al di sopra di essi, in posizione di privilegio. Solo poche specie sono invece alberi, alberetti o cespugli.

Quasi tutte le passiflore sono piante perenni e sempreverdi, mentre sono rarissime quelle annuali, come la P. gracilis.

IL FUSTO

I fusti delle passiflore, sono di solito lunghi, sottili e leggeri. Hanno sezione più o meno circolare, la loro superficie è liscia oppure dotata di fitte scanalature o di striature. Talvolta sono invece robusti, a sezione quadrata (P. quadrangularisP. alata, ecc.) o triangolare (P. trialata), con spigoli prominenti (ali).

Nel genere Passiflora il fusto ha principalmente la funzione di conduzione della linfa e di continuità dei tessuti, non quella di sostegno. Questo compito viene invece delegato agli alberi a cui questi rampicanti si aggrappano.

La disposizione dei vari organi sul fusto di passiflora è tipica. Esso è diviso in nodi ed internodi. Questi ultimi hanno solo una funzione di “allungamento” e di distanziamento tra nodi successivi, ai quali invece è lasciata tutta una serie di compiti fondamentali: è proprio il nodo che porta tutte le strutture necessarie alle varie funzioni vitali: le stipole a protezione delle giovani gemme, le foglie per la fotosintesi, i viticci per il sostegno e per la crescita in altezza, i fiori ed i frutti per la riproduzione.
Eccezioni a questo schema si trovano in particolare nel sottogenere Astrophea. Le passiflore ad esso ascritte sono piccoli alberi, cespugli o liane legnose. I loro fusti sono rigidi ed assolvono perfettamente alla funzione di sostegno. In molti casi addirittura, come nella P. amoena e nella P. fuchsiiflora, i fiori non vengono emessi ai nodi del fusto, ma direttamente sul tronco legnoso (caulifloria).

I VITICCI

Hanno origine ai nodi del fusto, all’ascella delle foglie e di solito sono solitari. La loro consistenza è robusta e tenace proprio per sostenere il peso del fusto ed assicurare la crescita verso l’alto. Inizialmente sono tesi e rettilinei e si muovono lentamente in circolo, mentre la loro estremità si ripiega ad uncino per potersi agganciare subito a qualsiasi appiglio che venga da loro sfiorato. Allora l’uncino si richiude ad anello, più volte, per consolidare la presa. Il viticcio stesso si accorcia arrotolandosi a molla, cosicché il fusto viene avvicinato e fatto aderire al sostegno stesso.
Così, di appiglio in appiglio, il rampicante cresce verso l’alto, verso il sole.

In alcuni casi i viticci sono ramificati (P. gracillima) o dotati di dischetti adesivi per potersi aggrappare alle rugosità dei tronchi degli alberi (P. discophora), altri recano alla base il picciolo dei fiori (P. cirrhiflora).

La P. securiclata (sottogenere Astrophea) ho portamento cespuglioso e ricadente. In questa specie i viticci sono trasformati in spine ricurve, necessarie per potersi aggrappare ai sostegni, esattamente come avviene nelle le rose sarmentose.

LE STIPOLE

Queste strutture assomigliano a piccole foglie poste direttamente al nodo del fusto, proprio alla base del picciolo fogliare. Hanno forma molto variabile, pur con somiglianze tra le specie appartenenti allo stesso sottogenere. Di solito sono appuntite, hanno una nervatura principale e piccole nervature secondarie che si dipartono da questa. Il margini sono interi o seghettati e questa caratteristica è tipica del sottogenere a cui appartiene la Passiflora. Nel sottogenere Passiflora sono quasi sempre seghettati, mentre nel sottogenere Decaloba sono interi. A volte le stipole sono sottili e caduche, quasi inesistenti, ma nel sottogenere Dysosmia assumono una forma frastagliata, a denti di pettine.
Sono anche elementi di classificazione per distinguere tra di loro specie molto simili. Si veda, ad esempio, il caso della P. guatemalensis e della P. hahnii che sono piante del tutto simili, tranne che nel margine delle stipole, seghettato e fornito di peli terminali, nella prima, quasi crenato, nella seconda.

La funzione delle stipole è quella di proteggere le altre strutture che si svilupperanno al nodo del fusto nel momento in cui sono ancora piccole: abbozzi fogliari, boccioli e gemme.

LE FOGLIE

In tutte le specie vegetali le foglie hanno servono per raccogliere la luce solare e per effettuare la fotosintesi. Per questa ragione di solito sono sostenute da un lungo picciolo, così da essere mobili e potersi orientare verso la luce. Hanno quasi sempre la lamina larga e distesa per poter raccogliere più luce possibile.

Nel genere passiflora la varietà di forme non solo è notevole, ma alcune di queste sono rarissime in altri generi vegetali.

Si direbbe che la passiflora sia la specie che più di altre si sia sbizzarrita ad ‘inventare’ forme di foglie originali ed insolite. Mentre infatti non sono rare, in varie famiglie botaniche, foglie palmate, trilobate e pentalobate, è abbastanza difficile vedere foglie bilobate. Ne esistono altri generi in cui questo schema di base sia stato variato in modo così multiforme e con così grande fantasia. In molti casi la forma della foglia sembra calcolata con formule geometriche, poiché è possibile ascrivere questi profili in archi di cerchi, linee che si intersecano con angoli precisi.

Le ‘costruzioni’ stesse delle foglie sono state disegnate da alcuni botanici con squadra e compasso, allo stesso modo con cui il nostro professore di disegno ci insegnava a costruire il pentagono, l’esagono, l’ellisse, la cardioide. La ricerca estetica nelle foglie delle passiflore non si è limitata alla forma, ma è proseguita anche nei colori che vengono deposti lungo le direttrici delle venature principali, con vivaci contrasti di tinte nelle varie tonalità del verde, del giallo e del rosso. Sulla lamina fogliare vi sono file ordinate di ghiandole per sottolineare ed accentuare l’ardita forma delle foglie stesse. A volte si assiste allo spettacolo di foglie che non sembrano affatto foglie e noi stessi ne siamo ingannati, esattamente come i bruchi che la passiflora non desidera vengano a mangiare su di esse.

Le principali strutture delle foglie di passiflora sono le seguenti:

· la lamina fogliare;
· i margini;
· i lobi fogliari;
· i seni fogliari;
· l’apice;
· la base;
· il seno petiolare;
· le ghiandole fogliari;
· la nervatura principale;
· le nervature secondarie;
· il picciolo fogliare;
· le ghiandole del picciolo.

La lamina fogliare, sottile e ricca di cloroplasti, è sostenuta ed irrigidita da una fitta rete di nervature, alcune principali, robuste e di numero uguale a quello dei lobi, così da delineare la struttura di base, altre secondarie a queste ultime. In alcuni casi (P. coriacea, P. laurifolia, P. xiikzodz, P. laurifolia, ecc.), la consistenza della lamina è rigida e coriacea. Vi sono anche macchie di colori contrastanti, variegature, marezzature, a volte regolari, simmetriche e decorrenti lungo le nervature principali, altre volte irregolari e fantasiose.

Il margine fogliare può essere intero oppure seghettato (serrato) , doppiamente seghettato (serrulato), ondulato, crenato, crenulato, ecc.

I lobi fogliari sono parti della foglia separati da profonde incisioni dette ‘ seni fogliari ‘. Nel genere Passiflora le foglie hanno forma molto variabile, pur in uno schema generale comune e se ne distinguono vari gruppi proprio per il numero di lobi di cui sono composte.

Vi sono perciò le foglie costituite da un solo lobo, (foglie intere, foglie monolobate), quelle formate da 2 lobi (f. bilobate), da 3 lobi (f. trilobate), da 5, 7, 9 e più lobi (f. pentalobate, eptalobate, ennealobate e, in generale, polilobate). Il lobo mediano è il lobo principale, gli altri sono i lobi laterali.
La parte più alta, di solito acuta della foglia o del lobo è detta “apice”; la parte opposta, vicina al picciolo, è detta “base”. La forma degli apici e quella della base è caratteristica per ogni tipo di foglia. L’apice può avere varie forme e può essere “acuto”, “ottuso”, “truncato”, ecc. La base è caratterizzata dall’attacco ad essa del picciolo fogliare e, po’ formare con esso un’altra rientranza, detta “seno petiolare” che può avere forma a “V”, ad “U”, a “lira”, a “lira con bordi sovrapposti”, a “V” stretto, ecc.

Le nervature principali si dipartono dall’attaccatura del picciolo alla foglia e proseguono fino agli apici dei lobi. Quelle di secondo ordine (o nervature secondarie) provengono direttamente da quelle principali, sia a destra che a sinistra di esse. Le nervature poi si suddividono in continuazione fino a formare una fitta reticolatura.

Il picciolo delle foglie di Passiflora proviene anch’esso dal nodo del fusto e, raggiunta la lamina, si suddivide nelle nervature principali. Una singolare caratteristica del picciolo delle passiflore è data dalla presenza di ghiandole (ghiandole del picciolo) poste di solito a coppie simmetriche o sfasate lungo il picciolo stesso. Queste strutture, di solito frequentate da formiche grazie alla loro capacità di produrre nettare, sono elementi utili per la classificazione, poiché molte specie si distinguono facilmente proprio per il numero e la disposizione di queste ghiandole. Possono essere prossimali alla base della foglia, distali da essa o in posizione mediana.

Altre ghiandole nettarifere sono poste sulla lamina fogliare (ghiandole fogliari) e di solito, specialmente nel sottogenere Decaloba, decorrono parallele alle nervature laterali. Alcune specie ne hanno in prossimità dei seni fogliari (P. incarnata, P. cincinnata, ecc). La lamina talvolta ne è interamente rivestita (P. glandulosa).

Quelle che decorrono lungo le nervature laterali si pensa abbiano anche la funzione di allontanare le farfalle in cerca di foglie su cui deporre le uova. L’ipotesi è stata formulata proprio per la loro disposizione in linee regolari, simile a quella delle uova di lepidotteri. Altre ghiandole sono presenti sulle brattee e sulle stipole, tanto che alcune passiflore ne hanno praticamente dappertutto, con esclusione dei fusti e dei petali.

I FIORI

Il fiore di passiflora è diverso da quelli di tutte le altre piante, perché possiede la corona dei filamenti, morfologia forse unica nel regno vegetale. La corona è l’”invenzione” di questo genere che, nella sua evoluzione, ha selezionato fiori dalla struttura complessa e funzionale all’intervento di animali deputati alla impollinazione. Tutto in essi è finalizzato ad ottenere una sicura fecondazione per produrre frutti ricchi di semi.

Ai nostri occhi i fiori di passiflora, molti dei quali sono profumati, appaiono tra i più belli del regno vegetale per la loro grande fantasia di colori, di forme e di contrasti. A volte è la corona stessa che assolve alla funzione di forte richiamo cromatico e le forme ed i colori si combinano in armonia perfetta. È possibile poter ammirare, in un unico genere botanico, innumerevoli varietà di fiori in ognuno dei quali vi sono sia l’armonia e la somiglianza con quelli delle altre specie, che la diversità e la più spinta originalità.

Passiamo ora alla struttura del fiore e ai suoi principali componenti:

· il picciolo;
· le brattee;
· il calice;
· l’anello del nettare;
· il limen;
· l’opercolo;
· i sepali;
· i petali;
· la corona dei filamenti;
· l’androginoforo;
· gli stami (filamenti e antere);
· il polline;
· l’ovario;
· gli stili e gli stigmi.

Partiamo di nuovo dal prodigioso e polifunzionale nodo del fusto, rivolgendo la nostra attenzione non al viticcio o al picciolo della foglia, ma al picciolo del fiore per salire poi verso l’alto ed analizzare tutte le strutture e le morfologie che incontriamo. È un viaggio breve e lungo al tempo stesso, poiché è tale la misteriosa complessità del fiore che lo concluderemo solo allo stigma dopo numerose tappe.

Il picciolo può essere breve oppure lunghissimo in relazione alla specie: alcune cultivar di P. antioquiensis (Sottogenere Tacsonia) hanno, ad esempio, impressionanti piccioli pendenti lunghi oltre un metro. Termina in corrispondenza delle tre brattee. Queste strutture hanno funzione analoga a quelle delle stipole: proteggono il bocciolo del fiore quando è ancora piccolo e delicato. Successivamente la loro utilità diventerà sempre meno importante e, nella fase di maturazione del frutto, saranno presenti come residui secchi ed informi.

Le brattee hanno anch’esse forma molto variabile. In alcuni casi sono sottili e filiformi, addirittura decidue. In altri casi invece sono imponenti ed avvolgono con cura il bocciolo per tutto il periodo antecedente alla fioritura. Nella P. vitifolia sono vistose, di colore mattone intenso, ricchissime di venature in rilevo e di ghiandole nettarifere. Il margine delle brattee spesso è seghettato oppure liscio. La forma di queste strutture è anch’essa utile per stabilire a quale sottogenere appartenga una determinata passiflora, in quanto vi sono caratteristiche costanti proprio all’interno dei sottogeneri stessi. Le brattee più strane ed originali sono quelle del genere Dysosmia così finemente suddivise tanto da assomigliare a trine ed a merletti. A volte, invece, hanno l’aspetto di foglie.

Dopo le brattee, il peduncolo prosegue brevemente e si modifica per formare il calice del fiore. Ha di solito forma di cilindro cavo, spesso profondo. In alcuni sottogeneri (Sottogenere Passiflora, ecc.) è breve, in altri (sottogenere Tacsonia) è lunghissimo. La base del calice funge da recipiente del nettare, dove è disponibile per gli insetti e per i colibrì dal lungo becco, specializzati ad impollinare i fiori delle passiflore. Onde evitare che il nettare si rovesci facilmente a causa dei colpi di vento, in molte specie vi è l’anello del nettare, una struttura anulare non presente in tutti i sottogeneri, che serve a creare un contenitore di liquido anche quando il fiore è rovesciato. Questa cavità è sicuramente molto importante per la Passiflora, poiché altre protezioni sono presenti: il limen e l’opercolo. Il primo è una membrana cilindrica che sporge dalla base dell’androginoforo e che collide con l’opercolo, una struttura presente nella parte centrale della corolla, di forma diversa e caratteristica nei vari sottogeneri.

Il limen e l’opercolo fungono di fatto da coperchio mobile nei confronti della cavità calicina. Per raggiungere il prezioso nettare, gli animali impollinatori (lepidotteri, imenotteri, colibrì, pipistrelli, ecc.) devono superare questa barriera e, agitandosi, raccogliere molto più polline possibile sui loro dorsi. La studiata complessità delle strutture collegate con il calice ha perciò una finalità ben precisa: ottenere la fecondazione del fiore con la massima efficienza possibile, incentivando in tutti i modi la indispensabile collaborazione degli appartenenti al regno animale.

Il calice si suddivide, alla sua sommità, nei sepali, elementi che già compongono la parte per noi più bella ed interessante del fiore: la corolla. Sono in numero di cinque, hanno forma lanceolata, allargata alla base e assolvono a due funzioni: inizialmente, quando il fiore è ancora chiuso (bocciolo) sono un’ulteriore protezione alla parte più importante della pianta: l’apparato riproduttivo; successivamente, insieme ai petali ed alla corona, diventano elementi decorativi e di attrazione. I sepali hanno struttura robusta, sono percorsi in senso longitudinale da una grande nervatura che, specialmente nei sottogeneri Passiflora e Tacsonia, si conclude con un vistoso aculeo, a volte rigido, a volte mobile. La parte posteriore di essi è di solito verde, mentre, quella anteriore, è di colore più o meno simile a quella dei petali stessi.

Ancora una volta il numero cinque compare nella struttura di questo singolare fiore: i cinque petali. Rappresentano anch’essi il proseguimento del calice e sono simili, per forma e dimensioni, ai sepali stessi. Il loro colore, uguale su entrambe le facce, è di solito più intenso e vivace. Oltre alle specie ascritte al sottogenere Chloropathanthus (P. lancifolia, P. macfadyenii), molte specie di Passiflora del sottogenere Decaloba sono prive di petali e il fiore si presenta come una stella a 5 punte (P. cinnabarina, P. gracilis, ecc.). In numerosi altri casi i petali sono più corti dei sepali (P. aurantia, P. herbertiana, P. jorullensis, ecc.) o più stretti (P. perfoliata, ecc.).

Proseguendo il nostro viaggio incontriamo la corona dei filamenti. È questa una complessa conformazione, caratteristica e peculiare del genere Passiflora. È costituita da una o più serie di strutture simili a raggi filiformi, ligulate, clavate, spatulate o tubercolate, disposte in cerchi concentrici e di lunghezza sempre crescente, passando dalla parte centrale del fiore (la più vicina all’apertura del calice), verso l’esterno. I filamenti, il cui numero può raggiungere alcune centinaia, hanno quasi sempre colorazioni vivaci, a volte contrastanti con quelle della corolla. In molte specie sono colorati a bande alterne di due o tre colori distinti, in modo da delineare, come a mosaico, anelli concentrici di diverso colore.

Accade che le tinte degradino dal centro verso la periferia, dai colori più intensi a quelli più tenui, in un sapiente e sorprendente accostamento cromatico. I filamenti possono essere rettilinei od arricciati, posti paralleli alla corolla, aperti a cono rovesciato, oppure ricurvi ed addossati all’androginoforo. Sono comunque molto variabili per forma e per dimensione, in relazione al sottogenere di appartenenza della specie.

Nel sottogenere Passiflora la corona è molto vistosa ed è composta da numerose serie di colore diverso dal centro verso la periferia. I fiori penduli delle specie appartenente alla sezione Laurifolia sono caratteristici per avere la corona esterna, formata da filamenti più brevi, ripiegati verso l’alto in direzione della corolla, mentre le altre serie sono rivolte verso il basso così da formare una tazza aperta che racchiude e protegge la colonna dell’androginoforo (P. cerasina).

Nel sottogenere Murucuja sono invece connati (fusi insieme), si presentano come un cilindro tubolare addossato all’androginoforo.

La P. cirrhiflora (sottogenere Polyanthea) ha filamenti addirittura tomentosi e suddivisi a loro volta. Nel sottogenere Tacsonia sono ridotti a brevi tubercoli posti nel centro del fiore, vicino all’androginoforo.

Nel sottogenere Distephana sono brevi ed appuntiti ed il colore della serie esterna è contrastante con quello di quelle più interne.

Il sottogenere Decaloba ha la corona costituita da filamenti di solito non vistosi, brevi e tozzi, a volte clavati, con colorazioni nella gamma del giallo, del marrone o del bruno.

Per qualche misteriosa ragione, il processo evolutivo della passiflora ha dedicato particolare cura alla progettazione di questa struttura che, penso, svolga la funzione di aumentare il potere attrattivo del fiore nei confronti degli animali impollinatori, facendo così concorrenza ai fiori di altre specie, più semplici, meno vistosi ed elaborati.

Il naturale proseguimento del picciolo del fiore è l’androginoforo, la “colonna della flagellazione” dei primi missionari arrivati in America. Tutto ciò che è sorretto da questa struttura è deputato direttamente alla riproduzione. Si chiama ‘androginoforo’ proprio perché sorregge (???w) sia la parte maschile del fiore (??h???uomo) che quella femminile (???h??donna) e ne costituisce il centro geometrico. La sua importanza vitale è dimostrata dal fatto che tutta la complessità del fiore è studiata per proteggere e rendere il più produttivo possibile tutto ciò che è sostenuto da questo robusto stelo cilindrico: ovario, antere, stigmi, stili e, successivamente, il frutto fino a maturazione. L’androginoforo è la parte più sporgente del fiore, posizione necessaria per poter offrire il polline e riceverlo dagli insetti in cerca di nettare.

Questo stelo termina suddividendosi in cinque stami composti a loro volta dai filamenti e dalle antere. Ecco che ricompare di nuovo il numero cinque, l’ultima volta, poiché le strutture successive avranno invece simmetria trimera. Dopo qualche ora dall’apertura del fiore le antere, di solito a forma ovoidale, hanno la superficie superiore ricca di polline. Il colore è quasi sempre giallo, salvo casi particolari in cui è scuro o rosso-arancio. Ogni specie ha polline di forma diversa, come se fosse un’impronta digitale ed è straordinaria l’architettura di questi piccoli granelli, visti al microscopio elettronico. Essi portano in sé metà dei cromosomi con il codice genetico della pianta-padre. Questa polvere gialla dovrà essere deposta su altri fiori grazie all’aiuto degli animali impollinatori.

L’ovario è un ingrossamento più o meno sferico, a volte esagonale e segnato da linee di frattura, che si trova nel bel mezzo dei filamenti degli stami, sulla sommità dell’androginoforo. Al suo interno vi sono tre sezioni pronte a sviluppare i semi. La parte superiore dell’ovario reca tre appendici, dette stili, che terminano con gli stigmi a forma di chiodo: i chiodi della crocifissione. La superficie dello stigma, una volta che il fiore si è aperto, diventa recettiva nei confronti del polline omologo. Ad esso viene permesso di allungare il tubulo pollinico fino all’interno dell’ovario dove i cromosomi provenienti dalla pianta-padre andranno ad aggiungersi a quelli degli ovuli, le cellule germinali presenti nell’ovario della pianta-madre per preparare i semi. In questo modo il loro numero, che era stato dimezzato sia nel polline che negli ovuli, ritorna ad essere completo.
Il viaggio all’interno del fiore della passiflora è così terminato.

I FRUTTI

Avvenuta la fecondazione, l’ovario comincia ad ingrossarsi, con rapidità. Già dopo due giorni dal contatto con il polline si vede la differenza. Il fiore, che ha perso ormai la sua funzione attrattiva, si chiude. I petali ed i sepali si stringono di nuovo a protezione attorno al prezioso ovario in attesa che cresca. Poi avvizziscono e di loro rimangono solo tracce rinsecchite. Il frutto intanto diventa la ragione di vita della pianta-madre. Dentro di esso vi sono in maturazione i semi vitali, conservati in una polpa zuccherina.

La forma dei frutti di Passiflora è molto variabile. Di solito sono globosi od oviformi ed il loro diametro può variare da pochi millimetri a parecchi centimetri. I frutti più grandi, quelli della P. quadrangularis (P. macrocarpa), hanno infatti il diametro di 20-25 cm di media e si presentano come piccoli meloni. In molti casi, specialmente nel sottogenere Tacsonia, sono stretti ed allungati e richiamano la forma delle banane. Spesso il tegumento esterno è di consistenza cuoiosa, a volte durissimo, come nei frutti della P. maliformis.

Nel sottogenere Decaloba vi sono specie che hanno frutti allungati a sezione esagonale, (P. capsularis). Giunti a maturazione, gli spigoli di questo esagono si comportano da linee di frattura. Il frutto si apre partendo dalla sommità e le sezioni di questo esagono si allargano e si ripiegano verso l’alto per lasciare cadere a terra i semi.

Spesso i frutti maturi prendono colorazioni diverse da quelle precedenti alla maturazione. Nel sottogenere Decaloba di solito diventano neri, nel sottogenere Passiflora, gialli, arancione vivo o violetti. Alcuni frutti hanno eleganti striature longitudinali (P. coccinea, P. vitifolia) oppure tubercoli di colore più chiaro (P. crenata), così da risultare molto decorativi.

I SEMI

I semi di passiflora hanno forma appiattita con una estremità appuntita contrapposta ad un altra più tondeggiante. Ve ne sono di più o meno ellittici, oppure cuoriformi. Sono rivestiti da un tegumento durissimo, nero e lucido, che ha quasi sempre rilievi caratteristici, trasversali, reticolati, punteggiati o butterati. Hanno una buona resistenza ed il periodo di vitalità è sempre piuttosto lungo, poiché sopportano bene situazioni di disseccamento. Si può dire che ogni specie abbia semi di forma caratteristica e che dal seme di possa intuire quale è la specie di provenienza. Le loro dimensioni sono sempre contenute e variano da meno di 1 millimetro a 5-6 mm in quelli più grandi.
La germinazione è di solito epigea, poiché i cotiledoni compaiono sopra la superficie del terreno. Fa eccezione la P. discophora che ha invece una germinazione ipogea.

Per conservare i semi è occorre tenerli in un ambiente asciutto e freddo, come quello di un normale frigorifero da cucina. In questo modo la loro vitalità potrà essere prolungata e potranno germinare anche dopo alcuni anni dalla raccolta.

La germinazione, nelle condizioni ideali di temperatura e di umidità, è di solito molto lenta, anzi, a volte critica ed erratica. Occorre una buona esperienza ed anche molta pazienza, per ottenere sicuramente piante provenienti da seme.

La dispersione nell’ambiente naturale è operata dagli uccelli e dai mammiferi. In molti casi la loro germinazione è favorita ed assicurata proprio dal passaggio nell’intestino di questi animali.

La struttura dei semi di passiflora, dunque, è anch’essa un prodigio di funzionalità in relazione alla propagazione delle specie: questa straordinaria pianta ha saputo progettare tutte le sue morfologie ed i sui organi con perfezione, si direbbe con “intelligenza”.

BIBLIOGRAFIA

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· J. Vanderplank ‘Passionflowers’ Seconda edizione, Regent Publishing Services (1996);
· B. e T, Ulmer ‘Passionsblumen, Eine faszinierende Gattung’ Laupenmühlen Druck (Witten 1997).
· Peter Klock ‘Das grobe Buch der PASSIONSBLUMEN’, Lagestroemia (1996)